Uno studio condotto da Kircanski e colleghi (Kircanski et al., 2012), ricercatori della UCLA University in California, sembra dimostrare che, dare un nome alle proprie paure e descrivere le emozioni che si stanno sperimentando mentre si vive un’esperienza altamente stressante, aiuti a sentirsi meglio.
Infatti, stando ai risultati della ricerca, più sono “spaventose” le parole utilizzate dalle persone per descrivere la loro ansia, maggiori sono i risultati in termini di riduzione dello stress.
Un aspetto interessante emerso dallo studio è i partecipanti all’esperimento ritenevano inutile, se non addirittura dannoso, verbalizzare le proprie paure. Questo dato ci aiuta a comprendere quanto le nostre convinzioni, spesso errate, influenzino comunque la nostra vita, anche quando si tratta di strategie da adottare per ridurre il nostro livello di ansia.
Lo studio sperimentale
Allo studio hanno partecipato 88 persone aracnofobiche (con la paura dei ragni) alle quali è stato chiesto di affrontare una delle loro più grandi paure: una tarantola. Il compito sperimentale richiedeva un graduale avvicinamento allo stimolo fobico, fino ad arrivare (per i più coraggiosi) a toccare il grosso ragno.
I partecipanti sono stati divisi in 4 gruppi, ad ognuno dei quali è stato chiesto di affrontare l’esperimento utilizzando una tecnica di gestione dell’ansia diversa:
gruppo 1: verbalizzare le emozioni provate mentre si avvicinavano al ragno;
gruppo 2: utilizzare frasi utili a stemperare l’intensità delle emozioni provate (ad es. “so che questo ragno è innocuo e non può farmi alcun male”);
gruppo 3: dire qualsiasi cosa che gli passasse per la testa ma che non fosse attinente con la loro fobia;
gruppo 4: rimanere tutto il tempo in silenzio.
Al primo gruppo sono state date indicazioni molto precise su come “etichettare” le proprie emozioni:
“I partecipanti al gruppo sperimentale devo creare e verbalizzare frasi che includano una parola negativa per descrivere il ragno ed una o due parole negative per descrivere la loro reazione nei confronti dell’animale. Ad esempio: mi sento ansiosa per la paura che il disgustoso ragno mi possa saltare addosso”.
Tutti i gruppi sono stati esposti al ragno variando progressivamente distanza e durata. L’esperimento è stato ripetuto la settimana successiva.
I risultati
Le differenze nella gestione delle emozioni negative tra il primo gruppo e gli altri sono risultate significative. I livelli di ansia fisiologica registrate attraverso la conduttanza cutanea sono risultati di molto inferiori in chi verbalizzava, come richiesto, la propria esperienza utilizzando parole negative. Inoltre i partecipanti al primo gruppo erano quelli che riuscivano ad avvicinarsi di più alla scatola che conteneva la grossa tarantola, gestendo meglio di tutti la paura associata.
Conclusioni
Contrariamente a quanto dettato dal senso comune, esplicitare in forma verbale o scritta le proprie paure, sembrerebbe ridurre i livelli d’ansia. La ricerca, quindi, smantella la convinzione che focalizzare l’attenzione sugli aspetti che ci fanno più paura di una situazione alimenti le sensazioni negative. Distrarsi, pensando ad altro o guardando altrove come spesso ci è stato consigliato, non è la scelta migliore, anzi, può solo alimentare nel tempo le nostre fobie impedendoci di affrontarle.
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