Molti di noi hanno dolori che si ripresentano periodicamente e dei quali faremmo tranquillamente a meno. Eppure molti autori affermano che, se ci soffermassimo ad analizzare più attentamente quello che il nostro corpo ci sta comunicando, potremmo anche scoprire che quel dolore è li per consegnarci un messaggio o meglio ancora, soddisfare quelli che tecnicamente vengono chiamati “vantaggi secondari“.
Per molte persone questo può apparire paradossale, eppure possono esserci un’infinità di vantaggi nell’avere periodicamente un malessere e/o un dolore specifico. Questo è il motivo per cui molti di questi “acciacchi” non vengono eliminati facilmente ed in maniera definitiva ma, precisi come un orologio, tornano ad “infastidirci” ad intervalli più o meno regolari.
Si tratta, per il nostro inconscio, di fare un bilancio dei costi e dei benefici che derivano dei benefici che riesce ad acquisire grazie alla condizione di “malattia”. Perché mai lasciar andare qualcosa di cosi utile; qualcosa da cui trarre cosi tanti “vantaggi”.
Il modo più semplice di risolvere il conflitto in atto sarebbe quello di riconoscere, a livello cosciente, il tipo di investimento inconscio che è stato fatto su quel malessere/dolore che ci affligge e trovare altri modi, più “accettabili” e diretti per soddisfarlo.
Tutto chiaro (e soprattutto semplice), vero?
Mmm…forse meglio provare con degli esempi concreti!
1. Sentiamo, più o meno coscientemente, di non ricevere abbastanza attenzioni ed affetto dai nostri cari e dai nostri amici e non siamo in grado di chiederle apertamente. Quale modo migliore se non rimanere qualche giorno a letto impossibilitati a muoverci e a sopperire autonomamente alle nostre necessità.
2. Un dolore alla schiena potrebbe impedirci, ad esempio, di rimanere a casa invece che affrontare un altra giornata di inferno al lavoro…quel lavoro che vorremmo lasciare se solo trovassimo il coraggio.
3. Un forte mal di testa può risultare utile per scansare delle responsabilità che siamo certi di non saper gestire.
4. A volte investire su un dolore fisico ci permette di non affrontare il dolore dei nostri conflitti interiori.
La lista potrebbe continuare all’infinito, ma sono sicuro che arrivati a questo punto abbiate capito di cosa stiamo parlando.
A questo punto la questione è: iniziare a chiederci a cosa ci serve il dolore; cosa ne ricaviamo! Questo è il primo importantissimo passo per modificare gli schemi mentali e i comportamenti che contribuiscono a mantenerlo con noi. Inoltre dobbiamo tenere in considerazione anche un’altra opzione. Potrebbe essere, infatti, che abbiamo sviluppato un vero e proprio attaccamento al nostro dolore perché, dopo tanto tempo, una parte della nostra identità è entrata a far parte del malessere stesso e senza di esso abbiamo paura di non sapere più chi siamo o di confrontarci con una realtà che ci spaventa.
E’ quindi necessario fare una ricerca approfondita di quelli che possono essere i vantaggi secondari del nostro malessere e, per essere efficaci, dobbiamo ricordarci di essere estremamente “onesti” con noi stessi. Spesso infatti è il cambiamento stesso a farci paura e quindi preferiamo rimanere li dove siamo, con i nostri dolori e le nostre incertezze.
Goethe diceva di non dimenticare mai che, se noi ci impegniamo, anche l’esistenza si impegna con noi.
La mindfulness, o altre tecniche di meditazione, possono facilitare questo processo ricerca interiore e di analisi.
Voi cosa ne pensate? Aspetto i vostri commenti!
A presto,
Antonio Antefermo
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